Stai leggendo - All'ombra del monolite - il blog di Francesco Russo

In missione contro le distrazioni per proteggere aziende e persone dagli effetti negativi dell'economia dell'attenzione

Fare della consapevolezza un'abitudine

Francesco Russo, consulenze per gestire gli effetti negativi dell'economia dell'attenzione, workhaolism, burnout, information overload, nomofobia, multitasking, stress e infodemia, attraverso la metacognizione per il benessere digitale

Pagina pubblicata in data 24 gennaio 2023
Aggiornata il 27 gennaio 2023
Tempo di lettura: il tempo necessario a capire le cose

Meditazione, mindfulness o metacognizione sul posto di lavoro? Utopia? Fantasia? O fantascienza? Nessuna delle tre. È possibile introdurre in qualsiasi contesto lavorativo pratiche, sviluppate su misura del business, che aiutino i dirigenti ed i collaboratori ad ottenere il massimo da sé stessi, senza però esaurire le proprie risorse cognitive.

I risultati? Maggiore benessere, maggiore concentrazione, riduzione di stress ed ansia. Di conseguenza riduzione degli errori che generano costi, e maggiore propensione di tutti ad interagire, creando condizioni favorevoli allo sviluppo di un cultura basata su riscontri (feedback), a stimolare la creatività e l'innovazione in azienda.

Per riuscire in questo obiettivo è importante non solo introdurre questo tipo di pratiche in azienda, ma anche renderle una vera e propria abitudine.

Sviluppare una pratica di meditazione costante nel tempo non è facile. I motivi sono differenti. Se non si è abituati a meditare può essere qualcosa di piuttosto complesso da assimilare. Quando inizio a lavorare con i dirigenti e i collaboratori di un'azienda, la maggior parte mi dice di aver provato a meditare, ma solo pochissimi riferiscono di esserci riusciti regolarmente.

Molte persone si rendono conto che iniziare la giornata con un'attività di meditazione da alla stessa un'andamento differente. Maggiore concentrazione e, soprattutto, una bassa propensione alla distrazione. Si percepisce che nei giorni in cui si pratica la meditazione lo stress è minore.

Tuttavia, pochissime persone sono costanti nella pratica. Il motivo? Perché non trovano il tempo. "Ho fatto meditazione per due settimane, poi il lavoro è diventato molto impegnativo e non ho più avuto tempo". Questa è una delle risposte che mi sento dare più spesso.
Un'altra motivazione che viene addotta è che la pratica "non funziona" o che "la mente è troppo occupata per calmarsi".

In questo blog, sono anni che sottolineo l'importanza di pratiche come la meditazione, la mindfulness o lo sviluppo della metacognizione, e di quanto sia importante introdurle sul posto di lavoro. Perché? Perché hanno un reale impatto sul fatturato dell'azienda.

Ecco allora quattro consigli per essere costanti nella pratica di queste discipline:

1) Trovare un gruppo

La popolarità delle app di meditazione nell'ultimo decennio ha portato a credere che la meditazione debba essere praticata in solitudine. La maggior parte delle persone con cui lavoro ha iniziato in questo modo a pratica meditazione, spesso seguendo le istruzioni di un'app e/o di un blog.

Il vantaggio maggiore di questo approccio è la facilità e la comodità: chiunque può iniziare a meditare con pochi "clic" sul proprio telefono. il problema è che richiede una forte disciplina Non è un caso che per millenni la meditazione è stata largamente praticata in comunità.

Praticare in gruppo offre, fondamentalmente, due vantaggi. In primo luogo, la responsabilità, perché il gruppo si riunisce a una data e a un'ora precisa. In secondo luogo, c'è il sostegno che proviene dall'incoraggiamento dei progressi compiuti dagli altri membri del gruppo, in oltre le sfide che la pratica della meditazione pone sono condivise e si affrontano insieme.

La maggior parte delle persone che conosco e che hanno avviato una pratica regolare di meditazione fanno parte di un gruppo. Alcuni trovano in comunità tradizionali, come i centri di meditazione, mentre altri hanno trovato o creato gruppi all'interno dell'azienda, come, ad esempio, il gruppo gestito da Chade-Meng Tan in Google.

Esistono inziative trasversali, come la Mindful on Wall Street, fondata da dirigenti di Morgan Stanley, Credit Suisse, DWS, Goldman Sachs e Ford Foundation. Diverse centinaia di banchieri partecipano alle meditazioni settimanali del gruppo in teleconferenza.
L'incontro di un gruppo di persone che la pensano allo stesso modo, con un'intenzione condivisa, permette agli individui di trovare più facilmente la strada che porta ai vantaggi offerti da pratiche come la meditazione, la mindfulness o la metacognizione.

2) Fissare un orario non negoziabile per praticare

L'appartenenza a una comunità fornisce una "struttura" che garantisce una pratica regolare. Anche stabilire un orario insindacabile per la pratica è importante.
È possibile fissare all'interno della propria giornata un vero e proprio appuntamento che non si può rimandare, chiudere la porta del proprio ufficio e meditare per 20 minuti è qualcosa di possibile.

Come ho scritto differenti volte in questo blog, la mente umana ha bisogno di tempo per adattarsi ad un cambiamento, per appropriarsi di una nuova abitudine. Ma quando fa sua quell'abitudine, fa davvero fatica a staccarsene.

Avere un momento fisso nella giornata da dedicare a questo tipo di attività è molto importante. Il rischio, infatti, di un'orario "elastico" è di rimandare talmente l'impegno a "più tardi", che diventa effettivamente troppo tardi per praticare.

3) Farsi aiutare da un esperto

Si questo punto è un po' autopromozionale. Ne sono consapevole. Ma è davvero importante. Come per la maggior parte delle abilità, per raggiungere un certo livello di padronanza è utile lavorare con un insegnante. Si possono imparare le basi del golf o del pianoforte da soli senza l'aiuto di un insegnante. Ma è indubbio che la presenza di un insegnante accellera e migliora la qualità dell'apprendimento.

Avere un insegnante al proprio fianco permette di avere un riscontro, di confrontarsi. Dopo alcune settimane o mesi di pratica, si possono incontrare tanti ostacoli: il fastidio fisico dovuto allo stare seduti (magari con una postura sbagliata), o nello stare in piedi fermi a lungo (si può meditare anche in piedi).
Si possono avere dubbi, trovare difficoltà a concentrarsi, e così via. La presenza al proprio fianco di una guida esperta può rivelarsi (e spesso è) un fattore determinante.

Nella pratica della meditazione si ha spesso la sensazione di non fare progressi e si è tentati di smettere. Un insegnante di meditazione esperto può aiutare a superare questi momento critici.

Attualmente non esiste una certificazione universalmente riconosciuta per gli insegnanti di meditazione. Alcuni insegnanti che si autoproclamano tali hanno alle spalle solo pochi mesi di formazione, non abbastanza per essere utili agli altri.

Il consiglio è di rivolgersi a persone di cui è possibile constatare l'esperienza maturata, che abbiamo discenti che possono confermare la loro capacità.

Esistono centri di meditazione che operano senza scopo di lucro i cui insegnanti hanno seguito una rigorosa formazione.

Ovviamente, anche io sono a tua disposizione per aiutarti ad iniziare ad avvicinarti alla pratica della meditazione. I tanti anni che ho dedicato all'introduzione di pratiche come la meditazione, la mindfulness, la metacongnizione in azienda, e gli anni trascorsi nel ruolo di consulente di marketing, mi hanno fatto maturare un'esperienza davvero preziosa, che mi permette di operare nei contesti aziendali più differenti.

4) Lasciare andare le aspettative di un progresso lineare

Tutti noi abbiamo delle aspettative nei confronti della pratica di meditazione. Altrimenti, perché mai dovremmo trovare il tempo per meditare? Vogliamo sentirci rigenerati, meno stressati, più concentrati e meno irritabili.

Purtroppo non tutte le sessioni di meditazione portano i benefici sperati. A volte la nostra mente fa fatica a calmarsi. A volte dare alla mente la possibilità di vagare liberamente non fa altro che alzare il volume dei ricordi o dei pensieri irritanti.

La chiave è capire che i progressi non sono sempre lineari, e nemmeno come ci aspettiamo che siano. Con l'allenamento fisico, si può essere indolenziti ed esausti, ma si sa che a lungo andare rafforzerà il corpo.
L'allenamento mentale dato dalla meditazione può a volte lasciare insoddisfatti, far pensare che non funzioni. Bisogna considerare, invece, questi momenti come segni che si è sulla giusta strada.

La nostra mente sta imparando a calmarsi e l'allenamento sta andando a colpire proprie le resistenze di quest'ultima. Bisogna insistere, l'allenamento rafforzerà i nostri "muscoli" mentali.

La pratica costante è essenziale. Bisogna praticare e praticare con regolarità, anche quando non se ne ha voglia, in modo che col tempo la mente, che si distrai facilmente, possa imparare a lasciare andare i, senza attaccarsi costantemente al prossimo pensiero che passa.

Lo stato di flusso

Nel film L’ultimo samurai il "codice drammatico" si svela in un momento ben preciso della pellicola. Il protagonista, il capitano dell’esercito statunitense Nathan Algren (interpretato da Tom Cruise), si trova costretto ad essere "ospite" per diversi mesi in un villaggio rurale giapponese, il cui capo, Katsumoto (interpretato dall’attore Ken Watanabe) è il coprotagonista del film e l’ultimo samurai della storia.

Algren ha così modo di osservare la vita "tradizionale" giapponese e di innamorarsene sia da un punto di vista culturale che fisico (si innamora, infatti, di Taka, la sorella di Katsumoto, che lo ospita nella propria casa).

Ebbene il "codice drammatico" si svela quando Algren, dopo diversi tentativi piuttosto fallimentari di apprendere l’arte della katana, sperimenta lo stato definito dalla parola giapponese 無心 mushin (in cinese la parola è pronunciata wúxīn).

Questa parola non ha un corrispettivo in lingua italiana, ed è tradotta in differenti modi: "senza mente", "mente piena di vuoto", "mente non mente" o "mente no-mente".

La parola è la sintesi dell’espressione giapponese zen 無心の心 mushin no shin, che esprime il concetto di una mente libera dai pensieri, dalle emozioni, una mente calma e lucida.

La persona che sperimenta lo stato descritto dalla parola 無心 wúxīn ha la possibilità di vivere quello che i neuroscienziati chiamano "stato di flusso". Lo "stato di flusso" è uno stato di grande concentrazione, in cui la mente è calma e lucida. Lo "stato di flusso" è uno stato differente da quello che sperimentiamo normalmente quando la nostra mente è semplicemente calma.

Lo "stato di flusso" è uno stato caratterizzato dalla sensazione che lo scorrere del tempo si annulla.

Il protagonista del film, nel momento in cui sperimenta questo stato di quiete, di pace interiore, è in grado di eseguire alla perfezione alcune tecniche con la katana, alla pari del samurai che gli sta insegnando l’arte della spada (che in realtà dovremmo chiamare sciabola, visto che la famosa "spada" dei samurai è monofilare, cioè ha un solo lato tagliente).

Per raggiungere volontariamente la condizione di stato di flusso, il primo concetto da introdurre nello studio dello sviluppo della consapevolezza del sé è la parola 入定 rùdìng, che descrive il momento della "transizione" della mente da uno stato normale di calma allo "stato di flusso". È traducibile con le parole "entrare nella meditazione". La seconda parola è 入静 rùjìng, che invece descrive proprio la condizione dello "stato di flusso", ed è traducibile con l’espressione "entrare nell'immobilità".

Essere capaci di "entrare nell’immobilità" è un prerequisito fondamentale per poter "entrare in uno stato in cui la mente è calma, lucida e focalizzata".

La parola 入静 rùjìng esprime la capacità della mente di "non essere aggrappata" al luogo fisico in cui si trova, e questo lasciarsi andare, questo staccarsi dal luogo fisico in cui ci si trova porta ad uno stato di "immobilità" nella mente.

A questo punto è importante chiarire un aspetto . Uno stato di "immobilità" della mente non descrive uno stato di immobilità fisica. Come ben descritto nella sequenza che ho citato qualche riga prima del film L’ultimo samurai, il protagonista del film, Nathan Algren riesce ad intercettare i colpi del suo insegnante, a muoversi in modo preciso, ed efficace, quando sperimenta la "mente non mente".

Se si riesce a ricorre all’uso della “mente arcaica”, a sperimentare uno “stato di flusso”, quindi a raggiungere lo stato della “mente non mente” in modo consapevole, riusciamo ad accedere a delle risorse che il nostro cervello possiede e che spesso non utilizziamo. Delle risorse che possono apparire quasi dei “super poteri”.

Quando si riesce a mantenere a lungo lo "stato di flusso" si riesce a raggiungere lo stato di "non azione", di "immobilità".

Nella non-azione, la mente è in uno stato di profondo silenzio. Pensieri ed emozioni non la influenzano, sono presenti, ma non sono in grado di distrarla. Possiamo quindi agire "senza pensare", possiamo agire di "istinto", e quindi schiavare il pugno senza doverlo guardare "arrivare".

Molte persone vivono l’esperienza di "entrare nell’immobilità", in uno stato di non-azione. Può capitare quando si cucina, quando si disegna, quando si legge un libro. Ma il raggiungere lo "stato di flusso" in modo non consapevole non garantisce il mantenimento dello stato stesso nel tempo. Questo perché non si è allenati a mantenere la concentrazione su quello che si sta facendo.

Vivere uno stato di calma e lucidità, è differente dal vivere uno stato di calma e lucidità grazie ad una mente focalizzata, cioè concentrata.

Se si è capaci di entrare in uno "stato di meditazione" (入定 rùdìng), si può riuscire con una certa facilità (grazie all’allenamento) ad "entrare nell’immobilità", nello "stato di flusso" (入静 rùjìng), e a far emergere la "mente non mente", il 無心 wúxīn. Gli sforzi che vanno compiuti per raggiungere questo stato della mente devono essere volti a migliorare la capacità di concentrazione, di focalizzare la nostra mente sul compito che stiamo compiendo.

Entrare nello "stato di flusso", è una questione di allenamento. Più si pratica e più sarà facile entrare nello "stato di flusso".

In conclusione

I quattro consigli riportati in questo articolo possono essere vissuti come pilastri che sorreggono la pratica.
Nei momenti di difficoltà questi pilastri potranno aiutare a superarli, e ricorda che sono sempre a tua disposizione se volessi confrontarti e avere qualche consiglio.

Dott. Francesco Russo

BREVE PROFILO DI FRANCESCO RUSSO
Francesco Russo, consulente di marketing e consulente esperto in economia dell'attenzione e distrazione. Ha iniziato ad occuparsi di comunicazione nel 1999. Quell'anno si appassiona al mondo del web e della comunicazione preparando una tesina per l'esame di maturità.

Il 1° febbraio 2010 fonda BrioWeb, agenzia di marketing e comunicazione operante in tutta Italia e all'estero con base a Venezia.

In occasione del decennale di BrioWeb fonda la rivista di marketing "Eclettica Magazine" (100% gratuita) e da vita ad una collana di e-book di marketing anch'essa completamente gratuita.

Nel corso della sua lunga carriera è sempre stato ispirato dal concetto del "tutto è connesso", sviluppando un approccio al marketing "olistico", che lo ha portato a divenire autore di articoli, libri, relatore ufficiale di SMAU, dell'Hospitality Day, e di molte altre manifestazioni di livello nazionale ed internazionale.

Nel 2006, dopo un ciclo di incontri dedicato al cyberbullismo che lo ha portato a visitare una serie di scuole medie superiori venete, ha iniziato ad interessarsi al fenomeno dell'economia dell'attenzione e di conseguenza dell'economia della distrazione.

Oggi è considerato un esperto di stress, ansia, esaurimento cognitivo, insonnia, workhaolism, burnout, information overload, infodemia, nomofobia, multitasking, fake news, sharenting, smombies e phubbing, che lo portano ad erogare consulenze e corsi nelle aziende di tutta Italia.

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