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In missione contro le distrazioni per proteggere aziende e persone dagli effetti negativi dell'economia dell'attenzione

Growth Mindset, la mentalità di crescita

Francesco Russo, consulenze per gestire gli effetti negativi dell'economia dell'attenzione, workhaolism, burnout, information overload, nomofobia, multitasking, stress e infodemia, attraverso la metacognizione per il benessere digitale

Pagina pubblicata in data 27 giugno 2023
Aggiornata il 29 giugno 2023
Tempo di lettura: il tempo necessario a capire le cose

La psicologa Carol Dweck, professoressa ordinaria della Stanford University, ha dedicato la sua carriera a studiare qual è il migliore approccio, da un punto di vista psicologico, per stimolare la crescita personale e professionale di una persona.

Il suo lavoro ha influenzato la ricerca sul tema della "groth mindset", la "mentalità di crescita", in tutte le scienze sociali, ed ha raggiunto decine di migliaia di studenti negli Stati Uniti d'America.

Lo studio condotto dalla professoressa Dweck si è concentrato nel capire il perché i bambini che hanno una "mentalità di crescita" mostrano migliori capacità nel superare gli ostacoli accademici rispetto a quei bambini che mostrano quella che la psicologa definisce come "fixed mindset", cioè "mentalit à fissa".

Uno dei tanti casi di successo della professoressa riguarda il lavoro svolto con alcuni giocatori della squadra di calcio del Blackburn Rovers Football Club, una squadra di calcio della Premier League del Regno Unito.

L'accademia di formazione dei Rovers è fra le migliori del Regno Unito. Il direttore di allora, Tony Faulkner, aveva la sensazione che molti dei giocatori non riuscissero a mettere a frutto le proprie potenzialità.

Il direttore dell'accademia sospettava da tempo che molti giocatori promettenti non raggiungessero il loro potenziale. Faulkner era anche consapevole della causa del problema: la cultura calcistica britannica sostiene che i fuoriclasse nascono, non si formano.

Se si accetta questa visione, e ci si sente dire che si ha un talento immenso, che senso ha allenarsi?

Nonostante Faulkner avesse individuato il problema, per risolverlo aveva bisogno dell'aiuto della professoressa Dweck. Infatti, la Dweck ha spiegato nel suo libro "Mindset: The New Psychology of Success" (sintesi di ben tre decenni di ricerca), il perché alcune persone raggiungono il loro potenziale mentre altre, per quanto piene di talento, non ci riescono.

La chiave del successo non è il talento

La chiave del successo non è una questione di talento (considerando il talento come qualcosa di intrinseco, qualcosa che si possiede dalla noascita e che può essere solo sviluppato). La professoressa Dweck ha dimostrato, infatti, che se una persona crede di possedere un talento, ed ha una forte motivazione ad impegnarsi nel raggiungimento di un obiettivo, può fare passi da gigante e raggiungere alti livelli di eccellenza.

Motivazione. Questo è l'ingrediente segreto. Molte persone si arrendono e non sviluppano le proprie capacità a causa dei fallimenti. La Dweck si è chiesta "che cosa fa sì che un bambino veramente capace si arrenda di fronte ad un fallimento, mentre un altro bambino trova una motivazione nel fallimento per superare gli ostacoli?".

La Dweck ha ipotizzato che la differenza tra la persona che reagisce e la persona che si arrende risiede nella causa che, la persona che fallisce, trova nel spiegare il proprio fallimento.

Chi attribuisce i propri insuccessi alla mancanza di capacità si scoraggia anche se possiede le capacità per raggiungere gli obiettivi prefissati.

La Dweck e i suoi assistenti hanno condotto una serie di "esperimenti" con bambini e bambine delle scule elementari. I ricercatori hanno selezionato bambini e bambine che davanti ad un problema di matematica che non riuscivano a risolvere, perdevano apparentemente la capacità di risolvere anche quei problemi di matematica che avevano già affrontato e risolto senza difficoltà.

Attraverso una serie di esercizi, gli sperimentatori hanno preparato la metà degli studenti e delle studentesse ad individuare la causa dei propri errori ad uno sforzo insufficiente, incoraggiando a continuare a studiare e a provare. Questi bambini e queste bambine hanno imparato a persistere di fronte ai fallimenti. Al contrario, il gruppo di controllo, non ha mostrato alcun miglioramento.

I risultati ottenuti hanno poratto la Dweck a scrivere un articolo nel 1975 sull'argomento. Un articolo che è diventato uno dei più citati nella storia della psicologia contemporanea.

L'ambiente che ci circonda

Il lavoro svolto dalla Dweck ha messo in evidenza quanto ci può influenzare l'ambiente che ci circonda. Il professore di psicologia di Stanford, Lee Ross, ha coniato il termine "errore fondamentale di attribuzione" per la nostra tendenza a spiegare le azioni degli altri con tratti caratteriali, trascurando l'influenza dell'ambiente circostante.

Secondo Ross, la Dweck ha contribuito a "spostare l'enfasi dagli errori, dai pregiudizi di attribuzione alle conseguenze delle attribuzioni [...] l'insuccesso è un'informazione: noi lo etichettiamo come fallimento, ma è più simile a: questo non ha funzionato, io risolvo problemi e proverò qualcos'altro".

In poche parole, per raggiungere i propri obiettivi, è importante "amare le sfide". Il senso comune suggerisce che l'abilità ispira fiducia in se stessi. E lo fa per un po', finché le cose sono facili. Ma le battute d'arresto cambiano tutto.

Ciò che fa la differenza è se abbiamo o meno degli obiettivi di apprendimento. Chi si pone l'obiettivo di apprendere qualcosa, ha un comportamento e un percorso di pensiero differente rispetto a chi si pone degli obiettivi di prestazione.

Gli studenti per i quali il rendimento è fondamentale vogliono apparire intelligenti anche a costo di non imparare nulla. Per loro, ogni compito è una sfida all'immagine che hanno di sé e ogni battuta d'arresto diventa una minaccia personale. Perciò si dedicano solo ad attività in cui sono sicuri di brillare, evitando il tipo di esperienze necessarie per crescere e prosperare in qualsiasi impresa.

Gli studenti con obiettivi di apprendimento, invece, corrono i rischi necessari e non si preoccupano del fallimento, perché ogni errore diventa un'occasione per imparare. L'intuizione di Dweck ha dato il via a un nuovo campo della psicologia dell'educazione: la teoria degli obiettivi di apprendimento.

Teoria degli obiettivi di apprendimento

Cosa spinge gli studenti a concentrarsi su obiettivi diversi? Alcuni studenti vogliono mostrare le loro abilità, mentre altri vogliono aumentare le loro abilità. I due gruppi attribuiscono un significato diverso alla parola "abilità".

Se vuoi dimostrare qualcosa in continuazione, ti sembra qualcosa di statico che vive dentro di te, mentre se vuoi aumentare le tue capacità, le senti dinamiche e malleabili.

Le persone con obiettivi di prestazione pensano che l'intelligenza sia fissa fin dalla nascita. Le persone con obiettivi di apprendimento hanno una mentalità di crescita, credendo che l'intelligenza possa essere sviluppata.

I test, osserva Dweck, sono notoriamente poco adatti a misurare il potenziale di una persona. Prendete un gruppo di adulti e chiedete loro di disegnare un autoritratto. La maggior parte degli americani pensa al disegno come a un dono che non ha, e i loro ritratti non sembrano migliori degli scarabocchi di un bambino. Ma se li si inserisce in un corso ben progettato - come ha fatto Betty Edwards - , i ritratti che ne risultano sono così realistici che è difficile credere che siano opera degli stessi individui "senza talento".

La convinzione di non poter migliorare frena i risultati.

Secondo Dweck, la cultura può giocare un ruolo importante nel plasmare le nostre convinzioni. Un'insegnante di fisica dell'universit à ha recentemente scritto a Dweck che in India, dove ha studiato, non c'era l'idea che si dovesse essere un genio o anche solo particolarmente intelligenti per imparare la fisica. "Il presupposto era che tutti potessero farlo e, per la maggior parte, lo facevano". Ma cosa succede se si è cresciuti con una mentalit à fissa riguardo alla fisica, alle lingue straniere o alla musica? Non c'è da preoccuparsi: Dweck ha dimostrato che è possibile cambiare.

Sebbene gran parte della ricerca di Dweck si è svolta in ambito scolastico, i suoi risultati sono applicabili allo sport, agli affari, alle relazioni interpersonali e così via.

Spiega Dweck, molte persone che credono in un'intelligenza fissa pensano anche che non sia necessario lavorare sodo per ottenere buoni risultati. Uno studente che finisce un problema in 10 minuti è effettivamente più bravo in matematica di chi impiega quattro ore per risolverlo. Un giocatore di calcio che segna senza sforzo è probabilmente più talentuoso di chi si allena sempre e segna pochi gol. Superare la mentalità fissa e sostituirla con quella di crescita non è semplice, perché richiede di guardare il concetto di talento sotto una differente prospettiva.

Le aziende passano troppo tempo in modalità "rank and yank". Una modalità che porta a classificare e valutare le persone in base a quello che sanno già fare, creando una mentalità competitiva, invece, di aiutare le persone a sviluppare le proprie capacità.
Se si ha paura di sbagliare, di fallire, non si può migliorare, ed il nostro approccio diventa esclusivamente difensivo.

Il professore di psicologia di Stanford James Gross ha iniziato a estendere il lavoro della Dweck alle emozioni. In uno studio recente, Gross e i suoi colleghi hanno seguito un gruppo di studenti universitari di Stanford. Quelli con una mentalità fissa sulle emozioni erano meno capaci di gestire le proprie e, alla fine del primo anno, avevano mostrato un adattamento sociale ed emotivo peggiore rispetto alle loro controparti con mentalità di crescita.

In conclusione, effettuare un salto di paradigma nel modo di concepire le proprie abilità, le proprie capacità (leggi gli articoli "Mangia, stress, e la salute va", "10 lezioni tratte da La forza del campione" e "Un leader deve leggere fantascienza"). È fondamentale. Possedere talento, è condizione necessaria, ma non sufficiente per raggiungere i propri obiettivi. Per raggiugnere i propri obiettivi è fondamentale cogliere i fallimenti come opportunità di crescita (leggi l'articolo "Imparare dai fallimenti").

Dott. Francesco Russo

BREVE PROFILO DI FRANCESCO RUSSO
Francesco Russo, consulente di marketing e consulente esperto in economia dell'attenzione e distrazione. Ha iniziato ad occuparsi di comunicazione nel 1999. Quell'anno si appassiona al mondo del web e della comunicazione preparando una tesina per l'esame di maturità.

Il 1° febbraio 2010 fonda BrioWeb, agenzia di marketing e comunicazione operante in tutta Italia e all'estero con base a Venezia.

In occasione del decennale di BrioWeb fonda la rivista di marketing "Eclettica Magazine" (100% gratuita) e da vita ad una collana di e-book di marketing anch'essa completamente gratuita.

Nel corso della sua lunga carriera è sempre stato ispirato dal concetto del "tutto è connesso", sviluppando un approccio al marketing "olistico", che lo ha portato a divenire autore di articoli, libri, relatore ufficiale di SMAU, dell'Hospitality Day, e di molte altre manifestazioni di livello nazionale ed internazionale.

Nel 2006, dopo un ciclo di incontri dedicato al cyberbullismo che lo ha portato a visitare una serie di scuole medie superiori venete, ha iniziato ad interessarsi al fenomeno dell'economia dell'attenzione e di conseguenza dell'economia della distrazione.

Oggi è considerato un esperto di stress, ansia, esaurimento cognitivo, insonnia, workhaolism, burnout, information overload, infodemia, nomofobia, multitasking, fake news, sharenting, smombies e phubbing, che lo portano ad erogare consulenze e corsi nelle aziende di tutta Italia.

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